“Io dovevo aspettare tutte le sere il Commendatore che veniva per vedere l’avanzamento dei lavori. Ero amico di suo figlio Dino, che veniva spesso in officina e si fermava a chiacchierare. Anche quando ha iniziato a stare male, arrivava, si sedeva vicino a me e cercavo di coinvolgerlo. Quando facevo una cosa che Ferrari non voleva, prima ne parlavo con lui”.
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