Lamborghini Miura: l’emozione cattura lo sguardo
– È stata tolta la vernice, lo stucco, l’antirombo e ora abbiamo il metallo pulito, liscio, nudo e possiamo leggere la storia della vettura… alcune hanno vissuto di quelle burrasche!
La vettura torna in carrozzeria per la revisione della lamiera: la diagnosi del telaio deve passare dal banco-dima di riscontro. Si verifica che non abbia subito degli incidenti, perché la scocca deve essere in linea. Una volta verificata la corrispondenza di tutte le misure si può procedere con le lavorazioni. È in questa fase che si considerano le rotazioni degli ingombri delle porte e dei cofani. Si calcolano le tolleranze che consentano al verniciatore di fare le arie, i piani e via discorrendo. In questa fase non hai punti di riferimento, perché la vettura è smontata. Potenzialmente mentre stai lavorando può sembrare che sia tutto corretto, ma… tutto bene non andrà. Le correzioni finali spetteranno al verniciatore in fase di preparazione e stuccatura.
Questo passaggio intermedio è molto importante, si lavora ragionando in prospettiva della lavorazione che seguirà. Solo così è possibile raggiungere la precisione che garantiamo alla Cremonini Classic.
– Lavoriamo per riportare tutto com’era in origine, quindi se ci fosse dell’usura, le lamiere saranno sostituite. La Lamborghini usava delle lamiere sottili da 10 decimi, a volte noi usiamo quelle da 12, nei cofani per esempio. Questo ci consente di avere più margine quando dobbiamo carteggiare.
– Le leghe del passato sono le stesse dei giorni nostri?
– La materia prima utilizzata è la stessa, ieri come oggi. Il nostro scopo è quello di preservare il più possibile la vettura originale. Secondo il mio punto di vista bisogna limitare la sostituzione delle parti al 40%, per restare nei parametri dell’originalità, quando è possibile. Stiamo parlando di quaranta, cinquanta anni di vita della vettura e qualcosa si è inevitabilmente deteriorato. Riuscire a salvare, anche ripristinare, quello che era nato allora dipende sempre dal grado di usura. Se l’alluminio o la lamiera sono corrosi e ci sono delle debolezze è inutile ostinarsi, deve essere sostituito.
“Per portare una vettura d’epoca a com’era in origine, siamo tutti capaci?” – Mauro ci pone questa domanda. Lasciamo che sia lui stesso a rispondere.
– Restaurare è un lavoro corale, non deve andare bene una singola parte, è un insieme che deve essere coordinato e questo lo rende ancora più difficile. No, a mio avviso, non sono tutti capaci.
Ci sono restauratori che si sono specializzati su una marca, anche su alcuni modelli e se il primo restauro poteva essere un’esperienza, la prima è la prima, poi diventi un “maestro”.
– Il canone del restauro di oggi è diverso da quello di dieci anni fa?
– L’evoluzione degli ultimi due o tre anni, ha cambiato le regole del gioco: oggi tutto è esasperato. Vetture restaurate dieci anni fa oggi non andrebbero bene, la ricerca della perfezione assoluta è dovuta principalmente alle richieste dei clienti.
I Concorsi d’eleganza sono in conflitto aperto con il restauro conservativo. Le valutazioni qualitative in quegli ambiti, in alcuni casi, non sono sempre compatibili con una vettura fatta a mano.
– Verifica delle quote: la distanza fra paraurti e cofano devono essere equidistanti con tutti i distanziali – si fa la dima per la verifica dell’inclinazione della modanatura centrale. Segue un pre-montaggio di tutte le parti, una messa in prova. È il primo montaggio completo per verificare che tutto sia in linea. Il pre-montaggio delle ciglia deve esser fatto in linea di massima a lamiera nuda, svolgiamo una seconda verifica dopo aver fatto i perimetri del faro e i neri. È un doppio controllo, ci potrebbero essere delle parti da stuccare per rendere la zona più liscia. Per ottenere il risultato più vicino alla perfezione bisogna dedicare molte più ore di quelle che non immaginavate, vero?
Scocca su posizionatore per inizio lavorazione delle parti inferiori.
La culla che contiene il motore è soggetta a corrosione perché è uno scatolato metallico. Si procede con la rimozione della parte inferiore e ricostruzione della stessa dopo aver rimosso tutta la parte corrosa.
– I problemi di corrosione nelle parti anteriori inferiori sono comuni a tutte le Miura, se non sono fatte le sigillature – che noi facciamo sempre. L’acqua tende a fermarsi proprio in quel punto.
La professionalità di Mauro, l’accuratezza della sua concezione del restauro, stilla nei dettagli.
– Ecco la B di Bertone punzonata sulla scocca – è sotto al vetro, nel canalino sotto al tergi. Ci si da un colpo di paglietta e una mezza mano di fondo quando si applica lo stesso all’intera vettura. Per proteggerla la incartiamo fino alla verniciatura.
“Pulizia vuol dire togliere le ossidazioni, le tracce di saldatura e, ancora, le macchie di unto, le bruciature, i segni di corrosione della vecchia ruggine. Il metallo deve essere pulito per la fase successiva. Il risultato finale è un metallo “come se fosse satinato” e si ottiene con l’uso della smerigliatrice, del flessibile, degli spazzolini” – il signor Mauro porta in alto le mani – “e ovviamente delle mani”.
– La vettura pulita si lava con il diluente e poi è pronta per il fondo epossidico.
– Per la pulizia dell’alluminio si può usare anche un acido. Personalmente non lo consiglio, primo il cofano della Miura esternamente è in alluminio e l’intelaiatura è in ferro. Secondo l’acido deve esser sciacquato con l’acqua e non è consigliabile perché l’esperienza ci insegna che se la vettura non asciuga perfettamente, si inumidisce nei punti scomodi.
– Una volta pulita, la vettura si posiziona sull’arco e si dà la protezione. Il primo prodotto applicato è uno strato di fondo epossidico che serve a preservare i lamierati dalla corrosione. Lo spessore totale è di 70 micron a secco. È consigliata una cottura a 60° per un’ora. Un consiglio personale: lascerei riposare la vettura per i due giorni successivi all’applicazione. La motivazione è semplice: il diluente evapora lentamente.
– Sono stati specificati i micron di spessore, perché?
– 70 micron… perché se eccedi comprometti essiccazione. Questo fondo garantisce l’ancoraggio su alluminio, lamiera, stagno, saldature… quello che vuoi!
– Vorrei sottolineare che l’ancoraggio è garantito solo a condizione che la lamiera sia pulita a dovere. Un altro dettaglio, da non sottovalutare, è la temperatura di applicazione della prima mano del fondo che deve essere prossima ai 40 gradi. La lamiera deve essere tiepida, perché il solvente contenuto nel fondo epossidico abbassa la temperatura. Provate a pensare al solvente, se lo toccate con la mano è freddo. Si crea uno scompenso termico e si verifica un fenomeno di condensa; quell’umidità se dovesse rimanere sotto, darebbe origine a delle puntinature che verranno fuori dopo uno o due mesi – la cosiddetta fioritura.
– Si deve dare una breve carteggiatura con lo Scotchbrite o con una carta finissima. Un suggerimento per un ottimo risultato omogeneo è che lo strato epossidico non deve mai essere “pelato”. Cosa intendo? Nella carteggiatura non bisogna mai scoprire la lamiera del fondo epossidico, perché ci sarebbe un assorbimento non uniforme della vernice.
Successivamente si applica a spruzzo un prodotto a base poliestere. Spessore di 500 micron circa a secco. Cottura a 60° per un’ora.
In questa fase si eseguono le stuccature mirate. Queste ultime sono di spessore inferiore al fondo in poliestere, sono di precisione dove le circostanze lo richiedono per garantire un lavoro perfetto.
– La vettura viene assemblata, con un compasso si segnano gli spazi fra le parti mobili, marcandoli con un apposito prodotto. Dopodiché si inizia a carteggiare la parte in eccesso: prima bisogna fare tutti i piani, gli allineamenti, dopo si fanno le arie. Questo prodotto non è altro che la spia, mi riferisco al nero per fare le arie, i profili per fare le gole e tutto quello che serve. Si carteggia dove è evidenziato in nero. Quanto devo carteggiare? Come faccio a sapere dove fermarmi? L’esperienza, so che devo arrivare a trasparenza. Il fondo poliestere è giallino, mentre il fondo epossidico è grigio, anche la diversa colorazione mi aiuta a non sbagliare.
Per il signor Mauro, dopo quarantatré anni di lavoro, tutti i dettagli diventano scontati. Sono osservazioni e gesti che vengono spontanei, dalla sicurezza acquisita dall’esperienza.
– Non si può arrivare alla fine del giallo con una grana grossa, allora si inizia con una carteggiatura di sgrossatura, poi si scalano le grane per carteggiare le forme definitive. Per essere precisi si passa dalla 80/120 alla 180/240/320/400/600 e via.
Fine preparazione. Le linee della vettura sono state tracciate, le arie fra le parti mobili tagliate.
– Sia i piani che le arie devono essere fatte in due volte. È ovvio che, per carteggiare, più vai verso la fine più devi usare delle grane fini. Le arie si fanno così: prima si carteggia tutto il piano, poi si fa la spia con il nero e, infine, si passa il compasso. Un lavoro di precisione impeccabile, perché devono essere uniformi.
Vorrei dedicare qualche parola in più sull’arrotondamento, per la grande rilevanza che ha sul risultato desiderato, in particolare con l’uso di alcuni colori. Per esempio con il colore argento, se non si dovessero fare, sarebbe un errore fatale.
– È facile intuire che l’arrotondamento influisce sull’estetica, valorizza la luminosità del colore e la percezione della brillantezza. Senza di essi la vettura sembra piatta, non ha movimento.
Gli angoli sono belli quando sono sottili e marcati, se si dovesse esagerare si vedranno degli angoli grossi e sgraziati. Nel primo caso si alleggerisce e diventa elegante, mentre nel secondo si appesantisce e diventa uniforme, anonima. Bisogna trovare un equilibrio, perché il colore sull’angolo ci deve stare!
Come si fa? Personalmente preferisco fare gli arrotondamenti con la spatola, perché con la carta vetrata tra le mani si rischia di eccedere. Con la spatola il lavoro è molto più preciso e più è lunga, più ti guida nell’uniformità. Deve farlo una persona sola per assicurare un lavoro omogeneo, si sa ciascuno ha la propria mano!
In questa “fine preparazione” si mettono i pesi, chiamati anche piombi, che servono per simulare la vettura in ordine di marcia, come se avesse dentro tutti i suoi componenti.
Qual è la misura dell’aria, quella fatta con il compasso? Dipende dalle vetture, faccio alcuni esempi: per la Lamborghini Miura si misura con il compasso 4,2mm, per avere un finale a 4mm. Le aree delle porte della Porsche 356 sono di 3 millimetri e garantisco che non sono affatto comode da fare!
– Se avessi intaccato il fondo epossidico, dovrei procedere a stendere una nuova applicazione di fondo…uno bravo non lo pela mai!
Non lo dice apertamente, Mauro non oserebbe compiacersi, ma il tempo dell’esperienza e degli esperimenti è passato. Oggi può godersi il bagaglio di capacità che, con enorme soddisfazione, gli fa risparmiare tempo perché non ci sono errori da riprendere… quasi!
La vettura è pronta per essere disassemblata nuovamente.
– La macchina è pronta per la fase finale della lavorazione: la verniciatura.
Entra in campo il verniciatore e come intuibile, per Mauro non è semplicemente un lavoro, ma dedizione e passione.
Ringraziamo il signor Mauro Barbieri per la lezione, la Carrozzeria Cremonini Classic per la disponibilità nel fornirci l’archivio delle immagini e il fotografo Angelo Rosa per il contributo fotografico.
A cura di International Classic
Continua a seguire la storia: Le mani sapienti e il restauro – Capitolo 3
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