Questa storia inizia nel 1979, quando negoziai l’acquisto di due auto: l’Alfa Romeo 8C 2300 appartenuta a Sir Henry Birkin e Lord Howe, vincitrice della corsa di Le Mans nel 1931, e un’adorabile Ferrari 500 TRC del 1957. Entrambe le automobili si trovavano a Oklahoma City e mi vennero offerte a un prezzo davvero ragionevole. Alla fine della trattativa, furono ritirate e spedite alla mia officina a Berkeley.
Il telaio dell’Alfa Romeo 8C fu accorciato mentre si trovava in Nuova Zelanda, e fu anche montato un asse posteriore Ford: a quei tempi non erano disponibili pezzi di ricambio originali. L’intenzione, quando acquistai l’automobile, era di rivenderla ma con la speranza di riuscire a tenerla abbastanza a lungo per restaurarla completamente.
Purtroppo, le cose andarono diversamente e qualche mese dopo la vendetti a un amico, Paul Pappalardo, che optò per tenerla così come era. Un anno dopo, fu nuovamente venduta e trasferita nel Regno Unito. Paul Grist, la restaurò completamente e allungò il telaio, per riportarlo alla sua configurazione originale, per conto del mio coinquilino dell’epoca, Peter Hannen. Nel 1991, l’automobile cambiò di nuovo proprietario e passò al noto collezionista Kerry Manolas, di Sydney, Australia.
Avevo già incontrato Kerry a Monterey qualche anno prima, ed avevamo stretto amicizia, poi, quando mi trasferii nel Regno Unito, ci eravamo incontrati ancora una volta e mi offrì l’opportunità di guidare la sua Maserati 300S a Silverstone, nella gara di supporto al Gran Premio di Gran Bretagna.
Fu felice del mio risultato e, per questo motivo e consapevole del mio debole per le Alfa, nel 1992 mi invitò a partecipare alla versione Giapponese della Mille Miglia. Kerry non era un esperto di meccanica, trovava difficile cambiare le marce e contemporaneamente guidare l’Alfa, così decise di cedere a me il volante per tutto il percorso, lui si sarebbe goduto il paesaggio e avrebbe fatto fotografie.
Ci incontrammo a Tokyo, punto di partenza della Mille Miglia, e ritirammo la mappa con il percorso e tutti gli accessori che vengono forniti per questi eventi. Le condizioni meteorologiche erano variabili ma non oppressive e le strade erano in ottime condizioni. La gara includeva due fasi presso i circuiti del Monte Fuji e Suzuka. Mi ricordavo bene del Monte Fuji e della saga “Griswold-san” a bordo dell’Alfa Romeo Monza di Hayashi qualche anno prima.
Avevo visto Suzuka solo in TV, in occasione del Gran Premio del Giappone, ed ero davvero entusiasta di correre lì.
L’intera Mille Miglia era organizzata ottimamente era uno spettacolo vedere tutte quelle belle automobili. La nostra idea era semplicemente di guidare e goderci il paesaggio. Non eravamo interessati alla solita maratona con il cronometro tipica di questi eventi. La cosa a me andava più che bene perché mi piacciono solo le corse vere e proprie e non i rally contro il tempo.
Kerry deve aver fatto almeno mille fotografie durante il viaggio documentando ogni minimo dettaglio.
Alla conclusione della Mille Miglia ci qualificammo fra gli ultimi, ma ci sentimmo comunque dei vincitori dal punto di vista di divertimento allo stato puro: buona compagnia, cibo fantastico e paesaggi incantevoli. Le prestazioni dell’auto si rivelarono impeccabili.
Nei pochi giorni che ci restarono prima di tornare a casa, decidemmo di passare a far visita a Takeo Kato, un noto collezionista, la cui casa si trovava a circa quattro ore da Tokyo, così partimmo con la nostra auto noleggiata. Il Sig. Kato viveva in un piccolo villaggio vicino al mare, casa sua si trovava all’inizio dell’isolato ed era disposta su tre piani. Rispetto ai nostri standard occidentali era una casa di dimensioni ridotte, ma molte case giapponesi lo sono. Il portone anteriore appariva curiosamente sproporzionato per una casa così piccola, ma la risposta si celava al suo interno.
Il Sig. Kato ci accolse all’ingresso, salimmo sull’ascensore per recarci al piano superiore e lì ci offrì qualcosa da bere. Ci chiese se volessimo vedere alcune delle sue automobili e ci fece cenno di risalire sull’ascensore. Schiacciò il pulsante per il piano interrato. Quando le porte si aprirono restammo a bocca aperta: c’erano due automobili coperte, scoprì la prima ed era una Ferrari 250 GTO! Poi scoprì la seconda e comparve un’Aston Martin DBR1, una delle auto sportive più belle di tutti i tempi, nonché vincitrice della 24 ore di Le Mans. Le teneva al piano interrato, affinché nessuno potesse rubarle, usava l’ascensore per spostarle utilizzando l’enorme porta come accesso. Questa visita fu il culmine di questo fantastico viaggio.