Mauro Forghieri – Capitolo 4

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I Piloti e la Vittoria

Quella che emerge in filigrana, dal racconto di Forghieri non è solo una vita “vissuta sul campo” e scandita da avventure e imprevisti ma anche un punto di vista “interno” che permette di rileggere la figura dell’ingegnere automobilistico sotto una nuova prospettiva, in cui c’è ben poco di “quadrato”. L’ingegnere è soprattutto questo: un creativo. Un sognatore abituato a mettere le mani in pasta. Alla luce di questo, non mi stupisce che questo gran signore della Formula 1 si cimenti in ambiti che con i motori hanno ben poco a che fare: disegnando mobili, gioielli e mettendo mano personalmente al restauro di Villa Clementina. Orgoglioso e paterno, Forghieri mi parla di suo figlio Alessandro, che è ingegnere come lui ma anche musicista. “Per lui” mi dice “fare l’ingegnere è stato soprattutto un modo per potersi godere la musica in santa pace e lo capisco.”
Visto attraverso gli occhi di quest’uomo che è ancora Furia, come lo chiamavano in Ferrari, ma una “furia” gentile, sensibile alla bellezza, il mondo delle auto e dei motori emerge come un universo intessuto di fattori diversi. Razionali e irrazionali al tempo stesso. Motivo per cui, quando gli chiedo quanto conti la fortuna nel mondo delle corse, Forghieri non ha dubbi.
– La fortuna aiuta, sì. Abbastanza. Dire cosa sia, però, è un altro paio di maniche. La fortuna è un insieme di cose, situazioni e tempistiche per cui – quasi per miracolo – ti trovi al posto giusto nel momento giusto. Non so se sia corretto chiamarla fortuna, questa concomitanza di fattori. Forse sarebbe meglio parlare di casualità. La statistica dice che nella legge dei grandi numeri c’è una zona in cui è più probabile che un determinato fenomeno accada… parliamo di statistica, però. Di numeri.

 

Nella vita, le cose funzionano in modo diverso. Le faccio un esempio. Quando ero giovane, con un amico andavamo sempre a vedere la Biennale a Venezia. Un giorno siamo andati a fare il bagno vicino al Grand Hotel e ci siamo stesi sulla spiaggia. A un certo punto il mio amico mi ha scosso un braccio. “Ehi, guarda!” Brigitte Bardot si era stesa lì, ad appena una cinquantina di metri da noi. Ai tempi stava con Sacha Distel, famoso chitarrista e artista francese, e ricordo che il mio amico mi disse che, per la legge dei grandi numeri, anche lui avrebbe potuto trovarsi nei panni di quel fortunato e avere una fidanzata così. Sono passati gli anni e un giorno, in America, ho rivisto il mio amico e gli ho ricordato quel pomeriggio e la nostra conversazione su Brigitte Bardot e la legge dei grandi numeri. “Allora, com’è andata?” gli ho chiesto. E lui: “Taci, se vedi mia moglie ti spaventi! ” Insomma, nel suo caso la legge dei grandi numeri non aveva funzionato.

– Fortuna a parte, cosa conta di più in un pilota?
– E’ una cosa molto difficile da definire, io posso darle solo il mio parere. Per me, la cosa che conta più di tutto è la sensibilità che il pilota sfodera quando porta la macchina “al limite”. Lei deve pensare che portare la macchina al limite non è una cosa facile, soprattutto perché se appena appena vai un po’ più in là, rischi di uscire di strada. Ecco, in quel preciso istante il pilota deve avere la sensibilità e la capacità di concentrarsi sulle risposte della macchina e dirti quali sono i suoi difetti, Le faccio un esempio: “La macchina è partita col posteriore però a metà della sbandata, indipendentemente da quello che stavo facendo io, ha cambiato completamente modo di comportarsi.” Ecco, un’osservazione di questo tipo è molto importante: vuol dire che la macchina ha delle problematiche per cui è lei che decide cosa fare. Il pilota deve essere capace di “separare” le cose e di dirti: “Non stavo frenando, il volante lo tenevo così… la gomma posteriore sinistra è la prima che è partita, perché a un certo punto ho sentito che ha cominciato a girare…” Ecco, uno che sta girando al limite delle curve e riesce a darti informazioni di questo tipo non è semplicemente un buon pilota: è un fenomeno… E di fenomeni ce ne sono pochi. Oggi abbiamo a disposizione delle strumentazioni apparentemente infallibili, però quello che è capace di dirti il pilota, per me non te lo potrà mai dire una macchina.
– Ecco, stavo appunto per farle un’ultima domanda: chi vale di più, il pilota o la macchina?

 

old but still nice

 

– La risposta è abbastanza semplice. Lei sorriderà, tutti sorrideranno ma io sono convinto di quello che dico. La risposta è: il pilota,… se l’auto vale, è stato il pilota che l’ha fatta valere. Noi ingegneri progettiamo la macchina, ma chi è che ci dice quali sono i suoi difetti? Ci vuole un pilota che sappia andare al limite di quello che noi abbiamo fatto e che dica con parole chiare, senza distrarsi né pensare ad altro, quali sono gli aspetti positivi e gli aspetti negativi. Quando vede un bravo pilota che vince, è perché ha saputo “far crescere” la macchina… Io per esempio le dico una cosa – e magari mi tirerò addosso pure un mare di antipatie! – Schumacher ha vinto un numero di corse per cui difficilmente verrà superato. Ha corso e ha saputo incamerare tutte quelle vittorie. E’ bravissimo! Ma io se devo giudicare Schumacher, più che come pilota nel senso stretto del termine (probabilmente Senna e Piqué avrebbero vinto come lui) lo giudicherei da un altro punto di vista. Schumacher aveva una cosa eccezionale: era un professionista super! E’ stato lui che è riuscito a ispirare il modo di lavorare che la scuderia Ferrari ha poi fatto suo. Stando con i meccanici, con metodo e con pazienza, Schumacher ha saputo creare un’atmosfera di tipo tecnico che altri non sono riusciti a creare. Io l’ho sempre ammirato soprattutto per questo e sono sicuro che anche un pilota con meno qualità ma con la sua stessa professionalità avrebbe potuto ottenere un numero straordinario di vittorie.

 

Formula 1

 

Mauro Forghieri si alza. L’intervista è finita. Mi accompagna alla porta passando attraverso le grandi stanze di Villa Clementina. Parla dei picchi, che gli hanno rovinato gli scuri, dei gioielli e dei mobili che ha disegnato. La sua è energia creativa indomabile, a dispetto degli anni, a dispetto del cliché che descrive gli ingegneri come “gente quadrata”. Sotto le ceneri dell’esperienza e di una vita bevuta tutta d’un fiato, cova ancora la scintilla che lo ha reso un mito. Il fuoco si addomestica, non si spegne. Soprattutto quando il tuo nome di battaglia è Furia.

 

A cura di International Classic, scritto da Martina Fragale

 

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