Ci sono luoghi che ogni tanto tornano nella mia vita.
Uno di questi è carico di energia, lì ci sono stati vulcani, sembrano spenti, ma non è così, sono lava.
Erano vulcani di architetture, di progetti, di motori, di sale prova, di entusiasmi quasi folli, di frenesia, di mistero.
Si progettavano auto da fantascienza, e intorno a quei capannoni c’era la pista, una strada, per provarle e sgommare quanto volevi. Su quella stradina, ancora oggi un piccolo cartello di avvertimento lascia sbigottiti: “Attenzione, auto ad alta velocità in prova”. E non era uno scherzo.
Parlo del capannone della Bugatti Automobili, quello blu, che si vede dall’autostrada a Campogalliano, Modena.
Bello ancora oggi, malgrado la lebbra della ruggine su quelle tubazioni da nave, quei boccaporti chiusi.
E la pioggia che cade dentro, sulle catene di montaggio, nelle sale prova, nei mega uffici che hanno visto cose che solo la storia ha conservato.
Ma facciamo un passo indietro. Quel giorno c’era in prova la Bugatti EB 110 a metano, quella blu. Furiosamente al “galoppo” intorno al capannone. Ricordo che la fotografai per sfida, solo perché era vietato. Era un prototipo segretissimo.
Poi sono passati gli anni. La fabbrica chiusa. Lo stabilimento abbandonato. Progettisti e meccanici dispersi, una diaspora di sapere.
Bugatti parla ancora francese, e a noi è rimasto il rimpianto, senso di un vero “Peccato!”.
Ettore Arco Isidoro Bugatti, emigrante italiano, fondò la Bugatti nel 1909 a Molsheim, in Alsazia. Il marchio è l’inconfondibile ‘ferro di cavallo’. Una serie di vicissitudini, tra cui la morte del figlio Jean in un incidente stradale e la seconda guerra mondiale, portano al declino e alla cessione dell’azienda alla Hispano-Suiza. Nel 1987 l’imprenditore italiano Romano Artioli acquista il marchio e fonda la Bugatti Automobili Spa. Nel 1991 fu presentata la Bugatti EB 110, in occasione dei 100 anni dalla nascita di Ettore Bugatti. Innovativo il telaio in fibra di carbonio realizzato dalla società francese Aérospatiale. La parentesi italiana fu breve e terminò nel 1995. Dal 1998 il marchio Bugatti fa parte del gruppo Volkswagen, ed è tornata ad essere francese con la Bugatti Automobiles.
I sogni però son duri a morire, quando sono profondi. E oggi nella Fabbrica Blu ci si può tornare.
Una visita, anche se sembra più un pellegrinaggio di appassionati e credenti, malgrè tout.
Di nuovo mi sono emozionato vedendo una Bugatti EB 110 blu, come quella che fotografavo.
Ricordo, nella linea di montaggio, ce n’erano sei, tutte in fila, e gli operai intorno.
Oggi è tornata, un’apparizione mai sperata, sempre lì dove è nata. Ma questa volta in abito bianco. Da Parigi, come una gran dama. Sontuosa, aggressiva ma dolcemente, con eleganza.
Cavalli e strapotenza, non si esibisce niente. Con classe. Bella bella bella.
Ho avuto il lusso di poter decidere e me la sono portata lì in quell’angolo del capannone, a rifare la stessa inquadratura di quei giorni lontani. Grandangolo e via, un po’ di retorica non guasta.
Piove, ma che problema c’è? Le macchine girano solo col sole? E poi le gocce d’acqua mi piacciono, ci stanno bene, sanno di vita. Vita di oggi.
Sempre per mano siamo tornati insieme in quella linea di produzione, adesso un deserto. Spazi vuoti, silenzio, ma lo spirito è ancora nell’aria, l’anima.
Ore ed ore a scattare, guarda che bella così, e così, non smetteresti mai.
E adesso? La torta c’è, ma la ciliegina manca.
I proprietari, due ragazzi giovani, guardano la pista di collaudo, volete fare un giro?
Certo, ed è finalmente tornata a vivere. Era ora!
Autore: Angelo Rosa per International Classic © 2018