Arrendersi sarebbe stato giusto?
È successo veramente, a dispetto del Covid-19 che ci ha sconvolto la vita, la 1000 Miglia c’è stata.
Fino all’ultimo non ci volevamo credere. Ha dell’incredibile, con le notizie che leggiamo sui giornali. La 1000 Miglia si è svolta e, fortunatamente fino ad oggi, senza nessun focolaio di virus.
Secondo la docente e ricercatrice americana, Brené Brown, “si può scegliere il coraggio o si può scegliere il comfort, ma non si possono avere entrambi”. Il 22 di ottobre, nella cornice dei colori caldi dell’autunno e una buona dose di audacia i 356 equipaggi sono partiti per la gara più bella del mondo da Brescia, dal consueto palco di Viale Venezia.
Possono partecipare a questa gara di regolarità solo vetture costruite prima del 1957, anno dell’ultima edizione della Mille Miglia. In questa trentottesima edizione alcuni equipaggi, in particolare provenienti dai Paesi extra-europei, hanno dovuto rinunciare alla gara a causa della pandemia. L’elenco degli iscritti e la classifica finale è inusualmente, caratterizzata da una presenza maggiore di equipaggi italiani ed europei.
Sicurezza è la parola chiave di questa trentottesima edizione, anche a scapito dell’entusiasmo e di quella frenesia che già dalle verifiche sportive e tecniche al Brixia-Expo preparano gli animi dei piloti, co-pioti, organizzatori e pubblico. Per assurdo sono mancati il chiasso, le urla e le risate, tutto si è svolto con compostezza e pacatezza. Anno in maschera per questo incredibile 2020 e ingressi contingentati.
È stato predisposto il Villaggio in Piazza Vittoria che ha visto sfilare le vetture, ma senza sostare… sempre nel rispetto delle norme anti-Covid-19.
Non poteva essere la solita 1000 Miglia, non in questo venti-venti. Non sono mancate le polemiche per gli assembramenti e per le insidie di questo invisibile presenza, “il coronavirus”. La scelta implica sempre una forte responsabilità per le rilevanti conseguenze per tutti. Ciascuno di noi sceglie quali pesi portare e ci saranno, sempre, coloro che sono favorevoli, ed altri totalmente contrari.
Gli organizzatori citano le parole di Jim Morrison, il leader dei The Doors: “chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire”. La Freccia Rossa non vuole arrendersi, qualsiasi sia la motivazione dalla più nobile alla più materiale… e questa edizione si carica di significati: la 1000 Miglia come espressione dell’Italia che riparte, impegnata a tornare alla normalità. Con il motto “distanti ma uniti” la 1000 Miglia ha dedicato questa trentottesima edizione alla città di Brescia e ai cittadini bresciani.
La gara più bella del mondo contribuisce concretamente a far scoprire i diversi scenari artistici, culturali, gastronomici della bellissima Italia. Quattro le tappe da Brescia a Cervia, da Cervia a Roma, da Roma a Parma per poi tornare a Brescia. Inseguendo la Freccia Rossa impariamo a conoscere nuovi luoghi. Il percorso non tocca solo mete famose – come Roma, Parma, Salsomaggiore, Castell’Arquato… ci sono anche i paesi che ancora portano i segni del terremoto del 2016, Amatrice ne fu il simbolo.
E poi numerosi borghi caratteristici. Conoscete Pandino e il suo Castello Visconteo? Esclusi i residenti e i confinanti… un luogo di altri tempi, dove le regole anti-covid-19 sono state fatte rispettare alla lettera, o ci hanno provato. L’Italia si differenzia da qualsiasi altro luogo non solo per le bellezze, ma anche perché gli italiani sanno essere coinvolgenti, festaioli, cordiali… sanno stupire con dei piccoli gesti: non pagare un caffè perché era già freddo, è accaduto proprio nel comune di Pandino.
La gara non è collegata solo al grande indotto del turismo, ma la Freccia Rossa è il motore di un artigianato di altissimo pregio che include centinaia di officine meccaniche, carrozzerie e tappezzerie che curano la manutenzione delle vetture d’epoca o i loro restauri.
Il pubblico, in alcuni tratti del percorso, ha fatto sentire la sua mancanza sia per la stagione autunnale che per la paura del virus. Il pubblico fa la differenza, quelli che ammirano il museo viaggiante dal ciglio delle strade del suo percorso, dalle finestre o dagli usci delle case, sono dei veri e propri partecipanti alla gara. Alcuni sono solo curiosi, altri dei veri e propri appassionati… sono i loro sguardi, i saluti, le fotografie a motivare gli equipaggi.
Ci spiace per coloro che si sono lamentati della “limitazione della loro libertà per veder passare ostentatori di ricchezza seduti sulla Ferrari”, ma i bambini, e a tutti i grandi che sono stati bambini una volta, hanno ancora voglia di sentire e fantasticare davanti a una Ferrai, magari rossa! La regola principale del gioco della vanità è di essere minimo in due… e la 1000 Miglia è anche vanità, da una parte, e la voglia di sognare, dall’altra.
Un’edizione che ha messo in difficoltà gli equipaggi per la mancanza della luce primaverile e dalle inclementi condizioni meteo della terza tappa, Roma-Parma. In particolare nell’attraversamento del Passo della Cisa, avvenuto con il buio e la nebbia. Dei 356 partenti solo 296 vetture hanno tagliato il traguardo.
Oltre 1700 chilometri attraverso 245 comuni italiani, quante ore di guida con precisione non si sa, ma non meno di 45. Sul podio salgono Roberto e Andrea Vesco, padre e figlio, alla guida di una Alfa Romeo 6C 1750 GS Zagato del 1929 del Team Villa Trasqua, con il numero 46. La seconda posizione è stata conquistata da Sergio Sisti e Anna Gualandi, al volante di una Lancia Lambda Spider Casaro del 1929, numero 45. Il terzo piazzamento è di Gianmaria Fontanella e Anna Maria Covelli, anche loro su Lancia Lambda Casaro VII Serie del 1927, in gara con il numero 28.
Silvia Marini e Francesca Ruggeri hanno conquistato la “Coppa delle Dame”, primo equipaggio tutto al femminile che ha concluso la 1000 Miglia con un ottimo 24o posto al volante della Bugatti T40 del 1929 in corsa con il numero 43. Potete collegarvi per leggere la classifica finale al seguente link.